lunedì 15 dicembre 2025
Ieri a Sidney, domani a Roma
Ieri a Sidney, domani a Roma
Le parole non sono neutre, producono effetti.
Gridare al genocidio (quando si tace sull'Ucraina dove i morti sono dieci volte tanto), definire gli israeliani nazisti, falsificare la storia, gridare "dal fiume al mare" (cioè auspicare la distruzione dello Stato di Israele) non sono semplici parole, frasi al vento senza effetto. Lo abbiamo visto in Italia. A furia di gridare che "uccidere i fascisti non è reato" poi qualcuno ha cominciato a farlo sul serio.
Oggi si grida al "genocidio", si incita all'odio contro gli ebrei in quanto sionisti che vengono cacciati da dibattiti, aule universitarie, eventi culturali, domani qualcuno penserà che è giusto sparare per vendicare le vittime del "genocidio".
Criticare la politica israeliana è legittimo e su molti aspetti anche opportuno, parlare di genocidio, incitare all'odio e alla caccia all'ebreo no.
Chi lo fa, come gran parte della sinistra, si assume la responsabilità delle conseguenze. Ieri a Sidney, domani a Roma.
venerdì 12 dicembre 2025
mercoledì 10 dicembre 2025
Petit Hotel Des Valises
Locataire: DELLEPIANE
a cura di Sandro Ricaldone
In collaborazione con Zeffirino Zali
Entr’acte
Via di sant’Agnese – Genova
11-20 dicembre 2025
7-16 gennaio 2026
orario: da mercoledì a venerdì 16-19
inaugurazione giovedì 11 dicembre, ore 17
Dentro: un’aria piegata, come una mappa dismessa.
Le linee disegnano le scale del vuoto.
C’è odore di abbandono nelle tasche,
odore di barlume che si abbuia.
Il visibile è pittura evaporata.
Da uno squarcio, le gambe di una sedia.
Respira altrove un azzurro silenzioso,
le maniglie afferrano la mano.
Trascinato dalle ruote del passato,
il tempo apre le ali del ritratto.
Ogni simbolo s’inabissa, pan perduto.
Nell’Hotel nessuno vede il giorno.
L’ombra sostiene il peso della luce,
l’alfabeto afasico s’intrica.
Una fodera: fusione sul ligustro,
un peso profetico che preme.
Rimane, tutto, nel bagaglio dei ricordi.
In pagine tremanti Dellepiane
vive scritto come è scritto l’attimo
di tutte le immagini inventate.
Nota: questo testo contiene riferimenti a opere, performances e mostre di Beppe Dellepiane e cita alcune delle poesie contenute nel volume “Carta santa” (2015)
Esordisce all’inizio degli anni Sessanta, muovendosi inizialmente tra Informale e Poesia Visiva, e sviluppa successivamente un linguaggio personale che unisce pittura, parola e oggetto.
Nel 1971 presenta due lavori destinati a segnare la sua affermazione nazionale: Bici-ambivalente (galleria Unimedia di Caterina Gualco, Genova) e La Madonna della seggiola (galleria Brandale di Savona). In questo periodo Dellepiane diviene uno dei protagonisti della performance italiana, esibendosi in città come Genova, Napoli, Torino, Roma, Spoleto e Graz. Le sue performance esploravano temi di nascita, malattia, nutrimento e creazione artistica, unendo simbologia arcaica e profondità concettuale.
Negli anni Ottanta e Novanta realizza numerose installazioni e assemblaggi di materiali poveri. È del 1982 la sua personale “A Guido Gozzano” al Museo di Palazzo Bianco a Genova, mentre nell’estate 1998 tiene al Museo d’arte contemporanea di Villa Croce l’antologica “Metafore, metonimie, trasmutazioni”, curata da Sandra Solimano.
Nelle opere più tarde e nei lavori su carta degli anni Duemila, raffigura con leggerezza visionaria soggetti familiari - case, sedie, animali, scale - autentici emblemi onirici e spirituali, che espone, fra l’altro, in una mostra tenuta a Palazzo Ducale dal titolo “Ombra e sogno sono il peso della luce” (2012). Nello scorso mese di novembre Entr’acte ha allestito una importante personale dell’artista, intitolata “Le grand tableau e le Radici della terra”.
Un particolare ringraziamento a Francesco Donato per il supporto nell’allestimento.
sabato 15 novembre 2025
Michel Raptis (Pablo), La seconda guerra mondiale e la Quarta Internazionale
Il testo è consultabile sul sito www.academia.edu
giovedì 13 novembre 2025
Per una storia della Nuova Sinistra in Italia. Il Centro Karl Marx di Pisa
Il Centro Karl Marx, dapprima CKM pisano, poi toscano, ebbe la sua sede principale a Pisa. È una delle tre formazioni (le altre sono Lotta Continua e la Lega dei Comunisti) nate dalle ceneri de Il potere operaio pisano nell'autunno del 1969. Riferimenti principali furono Gian Mario Cazzaniga, Giuliano Foggi e Vittorio Campione. Nel 1972 diventò Organizzazione dei Lavoratori Comunisti, per poi nel 1975 confluire nel Partito Comunista Italiano.
Il quaderno è disponibile su www.academia.edu
sabato 8 novembre 2025
Francesco Biamonti e San Biagio della Cima: una simbiosi profonda e indissolubile
In preparazione del venticinquennale della scomparsa di Francesco Biamonti
Giorgio Amico
Francesco Biamonti e San Biagio della Cima: una simbiosi profonda e indissolubile
Il rapporto tra Francesco Biamonti e San Biagio della Cima non è semplicemente un legame di nascita, ma una simbiosi profonda e indissolubile che ha plasmato l'intera sua esistenza e, soprattutto, la sua opera letteraria. San Biagio della Cima, un piccolo borgo dell'entroterra ligure di Ponente, è il cuore pulsante e il paesaggio archetipico di tutta la sua narrativa.
San Biagio della Cima e i suoi dintorni (la Val Crosia, le colline terrazzate di ulivi e vigne, i muretti a secco, i sentieri) non sono mai un semplice sfondo nelle opere di Biamonti, ma un personaggio vivente e centrale. È qui che lo scrittore ha osservato, assorbito e interiorizzato le atmosfere, i colori, i suoni, i silenzi, il vento che soffia tra gli ulivi, la luce che modella le rocche.
Questo paesaggio, aspro, antico, a volte in rovina, con la sua storia di fatica contadina e di abbandono, diventa metafora dell'esistenza umana. L'olivo, simbolo della Liguria di Ponente, è una presenza quasi mistica nelle sue pagine, rappresentando la resistenza, la memoria, la saggezza millenaria della terra.
Sebbene il confine fisico sia spesso evocato con la vicina Francia, il confine a San Biagio diventa metafora di una condizione umana di perenne transito, di "essere al limite" tra civiltà diverse, tra il detto e il non detto, tra la vita e la morte.
I personaggi di Biamonti sono spesso legati a questo territorio: contadini, pastori, "passeurs", figure semplici, silenziose, che portano su di sé il peso di un passato difficile e di una vita "nuda". La comunità di San Biagio e degli altri borghi circostanti, con le sue dinamiche di solitudine, orgoglio e discrezione, si riflette nelle relazioni e negli stati d'animo dei suoi personaggi. Biamonti ha saputo cogliere l'anima di questa gente di montagna e di confine, con la loro dignità e la loro malinconia. San Biagio della Cima è intriso della memoria storica e personale di Biamonti.
Le rovine, i ruderi, le case abbandonate, i vecchi, le leggende locali, tutto contribuisce a costruire un senso di tempo sospeso e di un passato che non cessa di dialogare con il presente. La sua infanzia e giovinezza, vissute in questo contesto, sebbene da lui definite "angoscianti e mutilate" per la mancanza di stimoli esterni, furono in realtà profondamente formative per la sua sensibilità.
Il legame è così forte che, dopo la sua morte, è nato il progetto del "Parco Biamonti" a San Biagio della Cima, un percorso letterario e paesaggistico dedicato allo scrittore. Questo parco mira a far rivivere i luoghi narrati nelle sue opere, permettendo ai visitatori di camminare sui sentieri che hanno ispirato i suoi romanzi e di immergersi nell'atmosfera che ha permeato la sua scrittura.
San Biagio della Cima non è solo il luogo natale di Francesco Biamonti, ma la fonte inesauribile della sua ispirazione e il vero coprotagonista, sotto nomi diversi, a partire da quell'Avrigues del suo primo romanzo, di tutta la sua opera. È il luogo dove la sua lingua ha trovato radici profonde, dove il paesaggio si è trasformato in "categoria dello spirito" e dove la vita "nuda" delle persone ha trovato la sua più autentica espressione letteraria.




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