Essere – Esistere
I termini “essere” e “esistere” li usiamo abitualmente come sinonimi, in particolare quando “essere” non è una copula (come nelle frasi “Essere italiano”, “Essere donna”, “Essere stanco” ecc.) ma è un predicato verbale (come nelle frasi “Essere a Roma”, ”Il treno c’è?”, “Essere o non essere” ecc.).
Da un punto di vista epistemologico, cioè dal punto di vista del fondamento del loro significato autentico, però, i due termini non sono completamente sovrapponibili. Già la derivazione etimologica ci fa intuire che tra i due termini c’è una differenza di significato non superficiale.
ESSERE, da una radice “es” che ritroviamo nell’infinito latino ESSE o, ridotta a “s”, in alcun forme coniugate dello stesso verbo (ad esempio, SUM = sono), contiene il significato di: essere, esserci, esistere, trovarsi, aver luogo, accadere, vivere, essere in relazione, stare con qualcuno, appartenere a qualcuno, essere realmente, essere effettivamente, essere qualcuno o qualcosa.
ESISTERE, dal canto suo, dal latino EXSISTERE, in virtù della preposizione EX (che indica moto da luogo o allontanamento) riceve il significato di: venir fuori, apparire, sbucare all’improvviso, nascere, mostrarsi, sorgere, divenire.
Nessuno stupore, quindi, che i filosofi, avvezzi a centellinare le parole per spremerne il succo più autentico, abbiano nei secoli elaborato percorsi diversi di ricerca e definizione, incentrati su ESSERE e ESISTERE.
Così, nel rispondere alla domanda “Qual è l’esseità, cioè la sostanza di ESSERE?” o all’altra domanda “Qual è la sostanza di ESISTERE?” nella storia della filosofia, almeno nella storia della filosofia occidentale che personalmente conosco, si trovano indicazioni ed esplorazioni diverse.
L’ESSERE è unico o molteplice? L’unicità dell’ESSERE è riconosciuta dalla ragione e la molteplicità dell’ESSERE (ovvero degli Enti in cui si manifesta l’ESSERE) appartiene alla conoscenza mediante i sensi? E’ più vera l’immobilità dell’ESSERE o il suo divenire nello spazio e nel tempo? L’ESSERE è di per sé, in quanto è; o è in quanto pensato da un soggetto? L’ESSERE è conoscibile o possiamo analizzare solo i meccanismi e i modi di funzionare della nostra conoscenza? L’ESSERE dell’uomo è Esserci, cioè è proprio l’uomo che pone domande sul senso dell’essere? La questione della sostanza dell’ESSERE è un falso problema che si dissolve con un’analisi critica dei vari significati che, in situazione, assume il verbo “essere”?
E così pure, se ESISTERE significa “venir fuori”, qual è la sua essenza cioè che cosa rende reale l’aspirazione a venir fuori?
Non è necessario farci travolgere dal vortice di queste domande, anche perché non è detto che “il naufragar m’è dolce in questo mare”. Se depuriamo il dibattito appena accennato dal tecnicismo del linguaggio dei filosofi di professione, ci ritroviamo tra le mani, con parole più semplici, le stesse domande come cittadini comuni, che, a volte, possono essere chiamati a manifestare la propria opinione su questioni dibattute dai filosofi ma, magari, reimpostate dalla classe politica o dalle nostre stesse esigenze di vita.
Ad esempio, qual è la sostanza di “Essere italiano”? ovvero qual è l’ESSERE dell’italianità? Dove sta la sua “esseità”? Nell’essere nato in Italia? (ius soli). Nell’essere nato da genitori italiani? (ius sanguinis). Nell’aver frequentato scuole italiane? (ius scholae). Nell’avere conoscenza e capacità di uso della cultura e della lingua italiane? (ius culturae col rischio di considerare “stranieri” non pochi membri della classe politica e dirigente in Italia). Nel riconoscersi nei valori della nostra Costituzione? (col rischio di privare della cittadinanza i nostalgici, in forme varie, del fascismo).
Una medesima analisi critica possiamo applicare ad altre ricerche di sostanza ovvero di essere. Qual è la sostanza di “Essere padre” o “Essere docente” o “Essere cittadino” o “Essere suddito” e così via.
L’analisi critica ci porta a cogliere la differenza tra apparenza, quella alla quale ci si può fermare sotto la spinta del conformismo, e realtà autentica, quella che non si vede di primo acchito ma deve essere colta con un processo di ricostruzione fondato non sui sensi (o sulla pancia o sulla delega al pensiero altrui) ma sulla critica della ragione, cioè sulla capacità di giudicare da adulti con la propria testa: e qui, ovviamente, si pone il problema che essere adulti (cioè la sostanza dell’adultità) non è un fatto anagrafico ma è un fatto di competenze intellettive e relazionali, che non si producono biologicamente ma si acquisiscono insieme con lo sviluppo di una coscienza critica.
Ed eccoci così arrivati a interrogarci criticamente sulla sostanza ovvero sull’essere di ESISTERE. Io esisto perché sono biologicamente ancora vivo? Io esisto perché costituisco, per parte mia, una parentesi tra la casualità della mia nascita e l’ineluttabilità della mia morte? Io esisto perché a questa parentesi cerco di dare un senso, affidandomi a una bussola religiosa o filosofica o politica? Io esisto perché sono cosciente della mia individualità? Io esisto perché mi sento vivo se mi confondo nella massa? Io esisto perché faccio parte di quelli che vincono o perché faccio parte di quelli che perdono? Io esisto perché vivo consapevolmente in questo territorio e in questo tempo (ESSERCI) oppure io esisto sentendomi abitante di un altro mondo o di un altro tempo?
E se queste mie elucubrazioni fossero solo il frutto non voluto di libagioni abbondanti nelle feste natalizie? E se, alla fine, tutte le domande su ESSERE e ESISTERE trovassero risposte solo nel soddisfacimento dei bisogni primari (mangiare, bere, dormire, fare sesso)? E se l’alternativa tra ESSERE e NON ESSERE si risolvesse vantaggio di ESSERE solo accettando la prospettiva religiosa di una dimensione della vita oltre la vita oppure a vantaggio di NON ESSERE negando tale prospettiva?
Comunque vada, ci resta la possibilità di scegliere se remare o meno verso l’isola che non c’è o sogghignare guardando dalla riva gli illusi che si ostinano a remare verso un’isola che non può esserci. I primi cercano la sostanza del loro ESSERE nell’ostinazione a remare e in questa ostinazione ESISTONO; i secondi cercano la sostanza del loro ESSERE nel sogghignare sulle illusioni altrui e in questo sogghigno ESISTONO.